ENNESIMO ESEMPIO DI QUANDO L’ASPETTO ARCHITETTONICO PREVALGA SULLA FUNZIONALITA’

Con questo mio articolo sicuramente attirerò nei miei confronti un infinità di pratiche “woodoo”, di strali, improperi e insulti da parte dei progettisti ma soprattutto degli Architetti compresi gli Archistar. Daltronde non riesco a vedere certi scempi senza restare indifferente e compiangere chi ha avuto la sfortuna di comprarsi un’unità abitativa in uno dei tanti fabbricati dove alla fine dovrà sborsare degli ulteriori “denari” per ripristinare i suddetti scempi.

In questo caso sto parlando di un fabbricato che non dovrebbe avere più di 15 anni.

Qui il progettista si è sbizzaritto nel progettare a livello delle partizioni frontali dei vari balconi una bellissima, per lui, modanatura per renderli, sempre a suo parere, più che pregevoli dal punto di vista architettonico.

Poi per renderli ancor più pregevoli a pensato bene di non prevedere alcun contorno in pietra lapidea e tanto meno un adeguato gocciolatoio. Elementi entrambi spregevoli che avrebbero deturpato il loro aspetto architettonico.

Bene ora guardatevi bene cosa è a loro successo dopo 15 anni cca.

Ovviamente il nostro progettista, non pago dell’aspetto aspetto architettonico della sua “creatura” non poteva far altro che progettare lo sporto di gronda del fabbricato in linea con quello dei balconi.

Ovviamente non prevedendo alcuna lattoneria a protezione della sua partizione frontale in modo tale da permettere alle acque metoriche di poterla dilavare a dismisura, con conseguente evidenziazione di fenomeni filtrativi a “go go”

A questo punto mi e vi chiedo ma “quattro” lattonerie staccagoccia non avrebbero evitato tutto questo “sfacelo”? Avrebbero deturpato l’aspetto architettonico dei balconi e del fabbricato? Chissà come saranno contente la varie proprietà che, dopo pochi anni, si trovano nella necessità di dover pagare un “botto” per ripristinare il tutto.

Ma dove sono finiti i progettisti di una volta? Di sicuro quelli prima di 50 fa erano sicuramente tutt’altra cosa rispetto a quelli “venuti” dopo. Immagianopi poi quelli futuri.

MP

IL DELIRIO CANTIERISTICO DI OGGI CHE CARATTERIZZA LA COSTRUZIONE EX NOVO DI ALCUNI FABBRICATI – No comment

Nuovo fabbricato in fase di costruzione. Il costruttore per aumentare il suo SAL ha preteso che il fornitore dei serramenti li montasse prima della realizzazione delle finiture murarie, sia delle facciate esterne, sia interne, quello che potete vedere, tramite le fotografie sottostanti , è il risultato che ne è conseguito. A parte il fatto di aver preteso il montaggio dei serramenti in questa fase costruttiva che è già di per se stessa da considerarsi una follia, come sempre siamo di fronte ad una classica ma oramai più che diffusa mancanza di rispetto del “lavoro altrui”.

Qualcuno ha ipotizzato che poi qualcuno provvederà alla loro debita pulizia. Ma come “c…o” si può ipotizzare una simile “s…….a”. L’unica soluzione, a mio parere e per quel poco che io ne sappia, è quella della sotituzione integrale dei serramenti.

Più passa il tempo e più diventa peggio. Il sottoscritto è oramai da anni che è nella convizione che non conviene più acquistare immobili che sono stati costruiti nell’ultimo ventennio.

Lascio a voi ogni ulteriore commento poichè comincio ad avere qualche conato di

I BIODETERIOGINI AGENTI SUI SISTEMI IMPERMEABILI ROOFING – Ing. – Roberto Madorno – Arch. Mario Monardo

E’ da sempre stato un piacere ripubblicare su questo blog gli articoli, in questo specifico caso su “Ingenio”, scritti da questi due professionisti che ritengo avere una levatura di non poco conto, ciascuno nel proprio campo (chimica e impermeabilizzativo soprattutto per quanto riguarda le piscine).

I BIODETERIOGENI AGENTI SUI SISTEMI IMPERMEABILI ROOFING

Ing. Roberto Madorno – Arch. Mario Monardo

Abstract

In questi ultimi anni, nel settore delle impermeabilizzazioni, si parla sempre maggiormente di sistemi roofing, termine con il quale si indicano tutti quei sistemi impermeabili che possono essere lasciati a vista sulle coperture.

A questa tipologia di sistemi appartengono:

  • le membrane bituminose ardesiate;
  • i manti sintetici;
  • i rivestimenti elastomerici (poliuretani o poliuree);
  • le guaine liquide dove il poliuretano (PU) rappresenta l’elemento base per la maggior parte di tali sistemi.

I fenomeni di degrado che agiscono sui rivestimenti roofing possono essere di diversa natura e derivano da molteplici cause spesso correlate tra loro. A volte sono fattori intrinsechi, alterazioni che dipendono dalla natura propria del sistema impermeabile come ad esempio il suo naturale processo di invecchiamento oppure derivano dall’impiego di materiali non idonei, dalla cattiva posa in opera o dalla carenza di progettazione del sistema impermeabile. In altri casi, invece, i fattori di degrado dei sistemi roofing sono rappresentati da tutti quegli elementi che influiscono dall’esterno sulla durabilità del sistema, quali ad esempio:

  • eventi meteorologici e climatici (pioggia, freddo, sole, grandine);
  • inquinamento ambientale;
  • aggressioni biologiche;
  • fenomeni di biodeterioramento.

Attraverso questo articolo si vuole iniziare a trattare un argomento spesso sconosciuto, sottovalutato e poco trattato tanto dai produttori quanto dai progettisti e applicatori/manutentori. Parliamo dei fenomeni di biodeterioramento che si rilevano sulle coperture e in particolare sui sistemi roofing.

È bene partire dalla definizione di biodeterioramento: fenomeno di alterazione e di degrado di un determinato supporto o substrato, di origine naturale o artificiale, innescato da organismi viventi in grado di colonizzarlo (degrado chimico e fisico).

I biodeteriogeni sono quegli organismi e/o quelle comunità microbiche in grado di provocare il biodeterioramento dei monumenti architettonici e artistici.

I fenomeni di biodeterioramento sono ben conosciuti e studiati da tutti gli addetti che operano ad esempio nel settore del restauro dove il problema della rimozione degli organismi biologici infestanti (vegetali e animali) interessa molti manufatti architettonici all’aperto o in stato di abbandono, soprattutto in climi caldi e umidi e in condizioni ambientali e climatiche favorevoli all’attecchimento e alla crescita dei diversi organismi. Al contrario, nel settore delle impermeabilizzazioni sono davvero in pochi a conoscere tali problematiche e le dannose conseguenze.

È bene rimarcare che i biodeteriogeni agiscono indistintamente su tutti i sistemi impermeabili roofing (membrane bitume polimero ardesiate e non, manti sintetici, sistemi elastomerici a base poliureica e poliuretanica, guaine liquide acriliche, ecc…) e gli attacchi chimici indotti su tali sistemi non sono quasi mai affrontati nei testi tecnici e non vengono spesso nemmeno accennati o trattati nei manuali di posa delle più importanti aziende produttrici di impermeabilizzazione. Ci si limita a scrivere in modo assai superficiale su qualche scheda tecnica o su qualche articolo…… sulla copertura piana si raccoglie lo sporco dei camini o di altre sostanze portate dal vento….. spesso in determinate aree si accumulano l’ardesia od il talco cosparsi come antiaderenti sulle facce dei manti bituminosi….. prima di eseguire la verniciatura protettiva della guaina è necessario fare delle valutazioni sullo stato della superficie per avere un’idea sulla quantità e consistenza dello sporco accumulato sul tetto….. In definitiva non si spiega nulla e non si forniscono corrette indicazioni sul perché e sul come operare.

Sono davvero pochi i tecnici in grado di fornire consigli pratici e utili alla risoluzione di tali problematiche.

C’è da chiedersi come mai così scarsa informazione su questo problema molto importante e diffuso tenendo presente che oggi numerose coperture in Italia ma anche all’estero vengono realizzate con sistemi impermeabili a vista. La risposta è molto semplice e quasi scontata. Purtroppo la causa principale è sempre la stessa, ossia la scarsa competenza e formazione tecnica di molti addetti che operano nel settore delle impermeabilizzazioni.

L’azione degenerativa dei biodeteriogeni sui rivestimenti roofing a vista è estremamente attiva oltre che silente e si esplica attraverso apprezzabili attacchi poco visibili ad occhio nudo, perlomeno fino a quando diventerà possibile evidenziare la crescita di muschi e successivamente di piante.

Di seguito si indicano i principali fattori ecologici che influiscono sui fenomeni di biodeterioramento:

  • ambiente;
  • ubicazione;
  • pH;
  • disponibilità di fattori nutrienti;
  • temperatura (optimum termico):
  • inquinamento atmosferico (anidrite carbonica, composti dello zolfo e particolato atmosferico, principale causa dell’annerimento delle superfici esposte all’aperto).

Gli attacchi dei biodeteriogeni sui sistemi roofing vengono amplificati dalla incuria in cui versano numerose coperture e dall’assenza di manutenzione e di pulizia delle superfici, ma soprattutto dall’accumulo di terriccio elemento molto ricco di nanoparticelle nutrienti (principalmente sostanze nitrificanti derivanti da guano secco polverizzato).

Le origini del fenomeno di biodeterioramento

Come anticipato nell’abstract i fenomeni di biodeterioramento si manifestano in particolare sulle coperture trattate con sistemi roofing o con specifiche finiture impermeabili riflettenti (cool roof).

Su una copertura in pendenza, proprio in virtù della sua inclinazione, è evidente come la superficie sia più pulita, mentre su una copertura piana, soprattutto in presenza di aree di depressione e ristagni di acqua, il fenomeno risulta essere più accentuato e protratto nel tempo. In queste zone si rileva il contatto e l’adesione di particelle di terra ed altre sostanze che fungono da fertilizzanti con il sistema roofing.

Attraverso alcune microscopie elettroniche a raggi X e microscopie ottiche in sezione stratigrafica, analisi condotte ad esempio sui campioni di membrane bitume-polimero applicate 2 e 5 anni prima della posa di protettivi roofing, si è riscontrato il chiaro accumulo di spore funghinee, licheni, funghi in fase di crescita, terriccio superficiale (aereo e non proveniente dalla guaina) a base di carbonato calcio, silicati, alluminati, nitrati, lipidi, particelle di carbone e solfati. La dinamica di accumulo segue incredibilmente la stessa dinamica di sviluppo e degrado che si è studiata per decenni su numerosi monumenti esposti (black crust) alle intemperie.

Le membrane bitume-polimero lisce, ad esempio, evidenziano anche un attacco biodeteriogeno con una velocità di degrado ben 5 volte più elevata rispetto ad altre superfici, presenti nello stesso cantiere o in aree estremamente limitrofe, e trattate con guaine ardesiate o guaine con finitura granigliata.  

I manti impermeabilizzanti con più concentrazione di nutrienti (fertilizzanti aerei) sono riconducibili a zone vicine a terreni agricoli attivi (anche a distanza di 3 – 5 km) dove l’utilizzo di fertilizzanti e il successivo processo di essicazione e polverizzazione della superficie del terreno fertilizzato, genera la formazione di aeroparticellato misurabile in scala micrometrica e nanometrica in funzione delle caratteristiche del terreno. Sulle coperture e sui sistemi impermeabili roofing agiscono altri elementi degenerativi quali gli agenti patogeni di natura biologica.Il rischio “volatili”, come la presenza di piccioni o di altri volatili, è divenuto ormai nelle nostre città un serio problema non solo dal punto di vista igienico-sanitario. Il guano dei piccioni, è corresponsabile dei danni da corrosione alle strutture. I luoghi dove solitamente questi volatili trovano riparo (sottotetti, gronde, volte, davanzali, cornicioni) e le zone infiltrate dalla presenza di sostanza organica (tetti, muri, supporti lignei), si popolano di agenti patogeni e parassiti derivanti dai detriti organici come ad esempio gli escrementi e i resti dei volatili morti, elementi estremamente pericolosi in quanto contengono agenti infettanti (miceti del genere Cryptococcus e Chlamydophila psittaci) che restano vitali e portatori di contagio anche in seguito all’essicamento, momento in cui tali sostanze possono più facilmente disperdersi nell’aria che respiriamo. Sulla pericolosità di tale situazione basta pensare che piccioni, tortore, storni, corvi, gabbiani e passeri, sono tutti portatori di almeno 60 malattie.

I batteri si espandono liberamente nell’aria e giungono soprattutto sulle coperture, contaminando fortemente i sistemi roofing. Si aggiunga che il composto organico a reazione acida, rappresenta l’elemento costitutivo ideale per la proliferazione e moltiplicazione di organismi microscopici, quali muffe e funghi che ricoprono le superfici impermeabilizzate.

La contaminazione fecale dell’ambiente, la polverizzazione e la dispersione del guano, la presenza di nidi soprattutto sulle coperture degli edifici, causano sui sistemi impermeabili a vista danni talvolta irreparabili, oltre che rappresentare potenziali occasioni di diffusione e di contagio di malattie infettive anche per l’uomo stesso.

Incremento dei problemi negli ultimi anni

Negli ultimi anni sul mercato sono apparsi e sono sempre più diffusi i protettivi impermeabili realizzati mediante l’impiego di membrane liquide soprattutto di colore bianco, i cosiddetti cool roof, sistemi che vengono impiegati per proteggere soprattutto i manti bituminosi fortemente degradati dalla elevata esposizione ai raggi solari oltre che per abbassare la temperatura negli ambienti sottostanti la copertura dell’edificio.

Si tratta per lo più di prodotti all’acqua che si possono diluire con acqua al fine di ottenere una prima mano da usare come promotore di adesione o fissaggio del supporto trattato con scaglie di ardesia o con graniglia (spesso non perfettamente o per nulla aderente al supporto della guaina).

Sui supporti rivestiti con guaine bituminose, la neutralizzazione delle zone con accumulo di composti organici (terriccio e sostanze fertilizzanti) non viene quasi mai realizzata in modo corretto. Infatti, basta chiedere a più applicatori, anche molto esperti, se hanno mai impiegato una sostanza antivegetativa o antibatterica (antifunghinea) a spruzzo. Risponderanno tutti, nella maggioranza dei casi, di non conoscere tali prodotti ma soprattutto di non conoscere l’importanza di tali operazioni manutentive. Tutt’al più si limitano a pulire i vecchi supporti in guaina con acqua a pressione (forse a distanza controllata….) eseguendo una contemporanea aspirazione dei residui liquidi melmosi che si producono durante questi lavaggi. Un simile ciclo di preparazione dei vecchi supporti viene indicato e descritto solo in pochi manuali di posa di prodotti roofing.

La scuola svizzera, ad esempio, per l’ottenimento del patentino di impermeabilizzatori fornisce indicazioni specifiche per la preparazione dei supporti ma altrettanto fanno diverse aziende in Spagna, Giappone e USA. Si tratta di aziende produttrici di guaine bituminose e guaine liquide acriliche all’acqua.

Lo sviluppo dei cool roof acrilici all’acqua negli USA

Le guaine acriliche all’acqua, in USA, sono ormai considerate resistenti all’esposizione all’esterno per oltre 10 anni senza prevedere opere di manutenzione. Tali considerazioni non sono teoriche ma nascono da analisi parametriche e ricerche condotte da oltre 30 anni e iniziate dalla famosa azienda Rhom & Haas oggi Dow Chemical Company.

Alcune multinazionali ma anche istituti di ricerca privati negli USA hanno studiato e lavorato per anni sulla resistenza dei sistemi cool roof. Sono state condotte attente ricerche con “diverse metodologie di analisi di invecchiamento accelerato”, non attenendosi esclusivamente alla metodologia indicata nella normativa europea per il comparto civile.

Le ricerche hanno evidenziato la resistenza di questi sistemi ed un decadimento poco significativo o apprezzabile delle proprietà meccaniche e chimiche dei rivestimenti protettivi.  

Sistemi cool roof con matrice polimerica acrilica o stirolo acrilica all’acqua

Cosa accade alla guaina liquida (cool roof) a matrice polimerica acrilica o stirolo acrilica all’acqua nel momento in cui viene applicata su superfici non perfettamente pulite e/o neutralizzate?

Applicare una guaina acrilica all’acqua su un supporto contaminato da spore funghinee latenti, funghi microscopici in fase di crescita, terriccio, sostanze nitrificanti (aeroparticellato da guano o fertilizzanti) significa pennellare, rullare, spruzzare o spalmare una pasta contenente acqua su un supporto inquinato.

Tali sostanze contaminanti verranno quasi istantaneamente integrate nella membrana acrilica all’acqua (per trasmissione diretta, mescola e penetrazione osmotica agenti in contemporanea) durante la sua posa in opera e quindi non ancora perfettamente asciutta. Esplicata la fase di catalisi la neomembrana acrilica all’acqua cosi formata (ormai senza acqua perché asciutta) avrà integrato all’interno del suo spessore (generalmente da 2 a 4 mm) tutti gli inquinanti catturati dal supporto durante la fase di posa.

Conoscere le cause di degrado significa evitare gravi errori in fase di progettazione e allo stesso tempo serve a riconoscere le cattive condotte da parte dei posatori.

L’utilizzo di sostanze o additivi antibiodegenerativi nei formulati dei sistemi cool roof

Le guaine acriliche all’acqua, sebbene siano perfettamente impermeabili in tutto il loro spessore (variabile da 2 a 4 mm) tendono sempre ad acquisire e trattenere in superficie (durante una pioggia o una zona di ristagno d’acqua) un certo quantitativo di acqua variabile dal 5 – 25% in massa, in funzione della qualità sia del formulato che della matrice polimerica.

L’acqua viene trattenuta perché inglobata nei primi microns di spessore superficiali della membrana, ed evaporerà in seguito al sorgere del sole o a conclusione del fenomeno temporalesco. Durante questa fase però tutte le guaine liquide acriliche all’acqua, ma anche le guaine con tecnologia MS o poliuretaniche monocomponenti al solvente o all’acqua, tendono a trasmettere verso tutto il loro spessore il vapore acqueo accumulatosi in superfici o in condizioni di ristagno d’acqua.

Come già riconosciuto da una nutrita serie di ricerche e pubblicazioni scientifiche, in merito alle membrane permeabili alla diffusione del vapore, l’acqua si diffonde penetrante ed inarrestabile all’interno dei materiali non allo stato liquido ma allo stato di vapore. Pochi sono i polimeri in grado di limitare il passaggio dell’acqua allo stato di vapore. Il polimero notoriamente più conosciuto come barriera al vapore, ai gas e all’azoto è la gomma butilica pura. Seguono in ordine, il teflon, il poliestere vinilestere in diluente reattivo monomero di stirene e le poliuree “pure” cioè non quelle a basso costo tagliate con olii riciclati plastificanti. Tutte le altre matrici polimeriche, persino molte epossidiche in commercio, garantiscono caratteristiche da freni vapore ma non da barriera al vapore efficiente al 100%.

Durante il passaggio del vapore attraverso la membrana liquida ormai asciutta e formata, tutte le spore funghinee e le sostanze biodeteriogene, rimaste intrappolate nel suo spessore, iniziano a reidratarsi dando luogo ad un processo di crescita endogena (interna) di deterioramento.

Approfondite analisi condotte sulle sostanze antibiodeteriogene inserite durante il processo produttivo delle membrane acriliche (ma anche di altri tipi di membrana) hanno dimostrato che il fenomeno degenerativo si verifica anche in quelle guaine liquide, più o meno permeabili al vapore acqueo con elevati contenuti di sostanze antimicotiche o antibiodeteriogeni ad ampio spettro. Pochissimi sono i blends di antibiodeteriogeni ad ampio spettro che operano per anni rimanendo sempre latenti o attivi per anni (più di 10) dentro lo spessore della membrana liquida.

Conclusioni

Occorre chiarire che in merito alle problematiche di degrado dei sistemi roofing esistono anche altri fenomeni di degrado, più conosciuti, analizzati e trattati da diversi studiosi che con specifiche ricerche e numerose pubblicazioni, soprattutto in lingua inglese (purtroppo poche in lingua italiana), si dedicano da anni a questo settore.

Con il presente articolo si è voluto descrivere un fenomeno di degrado poco conosciuto e approfondito in quanto la trattazione di questo argomento richiede l’intervento di professionisti con ventennale esperienza in cantiere e soprattutto necessita la compartecipazione di ricercatori nel campo della biologia, botanica, microbiologia, chimica dei polimeri ed ingegneria dei materiali. Pertanto, è evidente che tali argomenti necessitano comunque di ulteriori e più approfondite analisi parametriche sulle quali l’Ing. Madorno e l’Arch. Monardo stanno lavorando con l’aiuto di ricercatori di spicco a livello europeo nel campo della ricerca avanzata nelle materie sopracitate.

Grazie a tale contributo si cercherà di redigere prossimamente la seconda parte di questo “abstract” di presentazione, con la speranza che tale documento possa essere di supporto per i progettisti, per gli applicatori/manutentori e soprattutto per i produttori di sistemi roofing al fine di valutare i vantaggi e gli svantaggi sull’utilizzo eccessivo di prodotti antibiodeteriogeni all’interno delle formulazioni dei prodotti. I biodeteriogeni migrano lentamente ma costantemente dalla matrice del formulato asciutto e vengono poi dispersi (a causa delle piogge, vento, ecc) nell’ambiente.

L’impiego di antibiodeteriogeni, sostanze ritenute nocive e tossiche, in percentuali superiori all’1% in massa nelle formulazioni dei roofing renderebbe obbligatoria l’etichettatura dei prodotti con simboli di pericolo. Infatti, in funzione dello spessore medio di un roofing liquido o di una membrana preconfezionata in rotoli l’utilizzo di quantità di antibiodeteriogeni inferiore all’1% rende i prodotti inattaccabili solo per i primi 2 – 4 anni di vita. Per il raggiungimento di protezioni decennali è necessario l’utilizzo nei prodotti roofing di antibiodeteriogeni in quantità ben superiori all’1% in massa salvo nel caso di impiego di tecnologie e formulazioni di avanguardia che poche aziende in Europa possono vantare. Una elevata percentuale di antibiodeteriogeni può garantire un costante rilascio in un arco temporale molto lungo (anche decennale) soprattutto a seguito delle piogge che favoriscono la trasmigrazione di queste sostanze sulla superficie del prodotto proteggendolo dall’aggressione delle sostanze biodeteriogene.

E’ comunque opportuno ricordare che per garantire la lunga durabilità di qualsiasi sistema roofing è necessario, oltre ad un buon prodotto, elaborare una valida progettazione, provvedere ad una corretta applicazione ed eseguire una adeguata manutenzione della struttura.

ESEMPI DI DEGRADO DI SISTEMI ROOFING A CAUSA DELL’AZIONE DEI BIODETERIOGENI

Fig. 1 – Membrana in EPDM saldata ad ultrasuoni sottoposta ad attacchi biologici dopo solo 2 anni di esposizione

Fig. 2 – Immagine di una membrana ardesiata dopo 3 anni di esposizione. 

Fig. 3 – Membrana granulata (granuli di sabbia silicea) applicata su un supporto contaminato 

Fig. 4 – Guaina in EPDM con residuo di sporco e relativa proliferazione di muffe, alghe e licheni.

Fig. 5 – Guaina bituminosa con residuo di sporco e proliferazione di muffe, alghe e licheni.

Fig. 6 – Membrana in PVC notoriamente resistente agli attacchi da biodeteriogeni in condizione di forte pendenza per il deflusso delle acque meteoriche e assenza di ristagni d’acqua. Evidente presenza di attacchi biodeteriogeni con formazione di muffe e licheni dopo 5 anni di esposizione. Impossibile pensare di rinforzare o rinnovare questa superficie applicando un prodotto coating o roofing liquido senza prevedere una corretta pulizia e disinfestazione del supporto con sostanze appropriate.  

Fig. 7 – Guaina liquida contenente l’1% di sostanze antimicotiche dopo soli 4 anni di esposizione. Oltre all’accumulo di terra sono evidenti le formazioni tipiche di funghi cianobatterici attivi in superficie. Ulteriori indagini evidenziano che l’attacco è superficiale e non è ancora riuscito a penetrare nella stratigrafia della membrana liquida.

Fig. 8 – Membrana bituminosa con additivo antiradice dopo soli 5 anni di esposizione.

Fig. 9 – Membrana bituminosa con additivo antiradice dopo soli 3 anni di esposizione in attesa di proseguire con i lavori per il giardino pensile.

ESEMPIO DI INTERVENTO DI PROTEZIONE SU MEMBRANA ARDESIATA

Di seguito si illustrano dei metodi operativi per la neutralizzazione di biodeteriogeni prima dell’applicazione di un qualsiasi tipo di membrana o protettivo liquido (cool roof) permeabile al vapore.

Le seguenti specifiche sono quelle indicate per l’ottenimento del patentino di impermeabilizzatore in Svizzera e in altri paesi europei. Anche l’azienda spagnola Texsa Systems S.L.U. sin dal 1985 consiglia la stessa metodologia di intervento.

Fig. 10 – Membrana ardesiata con accumulo di sporco e degrado dopo forte attacco biologico con ripetuti interventi di asportazione manuale della flora (muschi e funghi senza interventi di neutralizzazione). Zona sottoposta a fenomeni di effetto lente (lens effect) con accumulo di residui. Ulteriori analisi dei residui evidenziano ancora la presenza di spore, alghe, guano ed altre sostanze nitrificanti in superficie e penetrati, aderenti e giacenti tra le scaglie di ardesia che li proteggevano dall’azione dei raggi UV.

Fig.11 – Operazione di rimozione dei residui.

Fig. 12 – Operazione di idrolavaggio a pressione.

Fig. 13 – Applicazione di prodotti neutralizzanti a base di cloruro di benzalconio, preventol antiradice e clorexidina.

Fig. 14 – Risciacquo della superficie mediante spazzolatura con setole in plastica dura per far penetrare la sostanza neutralizzante.

Fig. 15 – Asportazione delle sostanze neutralizzanti mediante idrolavaggio a pressione prestabilita in funzione della qualità di adesione delle scaglie di ardesia al supporto bitume-polimero e ad una distanza massima tra guaina e getto. L’acqua ed i residui vengono successivamente aspirati ed asciugati.

Fig. 16 – Applicazione della membrana liquida previa applicazione 24 ore prima di un promotore di adesione a base di emulsione stirolo butadiene in acqua al 10% di concentrazione

Eccovi il link di accesso alla versione in PDF dell’articolo pubblicato su “Ingenio” in cui sono riportate le varie fotografie di riferimento.

https://www.dropbox.com/s/rfrrgih0akh2kj7/Articolo%20Madorno%20-%20Monardo%20-agenti%20aggressivi%20sullo%20strato%20impermeabile.pdf?dl=0

Ancora e come sempre un sentito grazie ad entrambi per la loro collaborazione.

MP

CICCHE QUOTIDIANE – MA A COSA SERVE LA MANUTENZIONE CONSIDERATO IL SUO COSTO?

Fabbricato di recente costruzione ad un certo punto si evidenziano alcuni fenomeni infiltrativi derivanto da una partizione piana della copertura. Subito Condomini e Amministratore di Condominio pensano di avvalersi della garanzia decennale, magari tramite un ATP nei confronti confronti del costruttore. Ovviamente per far ciò, per il legale, occorre la relazione di un professionista, il quale facendo, ovviamente, le necessarie verifiche prima di predisporla guardate un pò cosa scopre.

Ma “porcaccia la miseria” quando si sono evidenziate le problematiche infiltrative cosa ci voleva fare un controllo e accorgersi così che i sistemi di smaltimento erano quasi del tutto ostruiti e pertanto in caso di eventi meteorici di una certa importanza il livello della caque di scolo si sarebbe innalzato di quota sino a superare il limite di contenimento del sistema impermeabile? Troppo semplice! Alla fine se non ci si complica la vita, non si è contenti.

Siamo alle solite. Oramai mi sono stancato di continuare a sentir ripetere soprattutto nelle varie assemblee Condominiali e soprattutto per quanto riguarda anche le varie linee fognarie “a cosa serve spendere inutilmente del danaro per fare le la loro verifica e la loro manutenzione compreso i vari sistemi di copertura”? Pertanto nella maggior parte dei casi, anche se cerchi spiegare la ragione di questa quasi obbligatoria necessità, questo capitolo di spesa viene cassato dal bilancio di previsione. Contenti loro contenti tutti, tanto a lavar la testa all’asino alla fine si perde sia del tempo che il sapone.

MP