Le mani del chirurgo

Le mani del “chirurgo” sono mani che sanno indagare nei dettagli, riconoscere la quantità di strati di un sistema impermeabile, l’epoca della sua realizzazione, il tipo di mescola, la presenza di armatura e soprattutto la qualità del prodotto.

L’esperienza consente al chirurgo di risalire al nome del produttore della membrana anche quando non è così palese, come nei casi – purtroppo frequenti – in cui è ancora visibile il polietilene dell’imballaggio a causa della mancanza di adeguata sfiammatura della membrana.

Le dita del chirurgo hanno i segni della nicotina e padroneggiano accendini di ogni tipologia, preferibilemente quelli antivento che, in caso di necessità, gli consentono di effettuare piccole saldature di membrana.

Le mani del chirurgo, nonostante lo scorrere del tempo, padroneggiano strumenti affilati e sanno incidere con forza e precisione.

Le mani del chirurgo indagano e si soffermano sui dettagli. Riconoscono e apprezzano le modalità esecutive di “una volta” che purtroppo oggi non vengono più adottate.

CI SONO DIEVERSE METODOLOGIE DI PESCA E DI CONSEGUENZA CI SONO DIVERSI TIPI DI “PREDE”

Le tecniche di pesca sono sicuramente una moltitudine, quello che, però, è sicuro che quei soggetti che le adottano alla fine, nella maggior parte dei casi, si fanno fotografare con la propria preda, per poi vedersele o farsele pubblicare su qualche rivista e/o sito web dedicato.

La cosa certa è che le “prede” (pesci) più grosse le prendi con la pesca oceanica d’altura

E alla fine il risultato, con la massima soddisfazione potrebbe essere questo

A questo punto la maggior parte di voi si chiederà “ma questo cosa c’entra con le impermeabilizzazioni e con la chirurgia impermeabilizzativa”?

Bene anche il Geometra Battaglia, in un cantiere e con la sua massima soddisfazione, ha pescato, a livello impermeabilizzativo, una mastodontica preda. Si tratta infatti di una “vaschetta” in lastra di piombo, per il confinamento idrico di un ambito sotto soglia di una lunghezza superiore ai ml. 2,50. Eccolo che si è fatto immortalare, più che soddisfatto, con la sua “preziosa” preda. 😂🤣😂🤣😂🤣

Ogni tanto qualche cosa di diverso dai soliti problemi impermeabilizzativi

MP

LEGGENDE METROPOLITANE 1^- Intonaci a protezione delle partizioni e/o risvolti verticali di un sistema impermeabile di tipo bituminoso

E’ da un po’ di tempo che avevo intenzione di scrivere quest’articolo per sfatare, una volta per tutte, quella che sta diventando una vera e propria “leggenda metropolitana”, purtroppo, e sempre più spesso, supportata anche da alcuni professionisti del settore che la “diffondono” nei loro simposi.  Qual’é questa “leggenda metropolitana?
Secondo alcuni “soloni” di questo settore le partizioni verticali e/o i risvolti perimetrali di un sistema impermeabile di tipo bituminoso non si possono proteggere con un adeguato intonaco poiché questo, dopo poco tempo, tenderebbe a staccarsi da questi. Oppure potrebbe fessurarsi, se trattasi di risvolti verticali incassati sotto intonaco, in corrispondenza del loro limite superiore dando così modo alle acque di dilavamento di bypassarlo e filtrare nelle stratigrafie murarie retrostanti e conseguentemente sottostanti.

“NIENTE DI PIU’ FALSO”

Però prima concedetemi un po’ di storia: “C’era una volta…”

… mio padre che aveva una Ditta di Impermeabilizzazioni. Quando avevo dodici anni (cinquantanove anni fa) cominciai a frequentare, durante le vacanze estive, qualche cantiere con lui. A quell’epoca le impermeabilizzazioni venivano prevalentemente realizzate con il sistema multistrato (cartonfeltri e/o feltri di vetro prebitumati intercalati tra tre o più spalmature di bitume distillato e/o ossidato) e le maestranze “di allora”, oltre a saper veramente realizzare quel tipo di sistema impermeabile, erano in grado di realizzare anche le sovrastanti varie pavimentazioni (vedasi articoli precedenti sulle terrazze tipo “ALAJMO”) compresi gli intonaci a protezione delle sue partizioni e/o risvolti verticali.
Ovviamente, già all’epoca, i risvolti verticali venivano realizzati separatamente dalle partizioni piane, eseguiti con più mani (solitamente tre), con un “impastino” di bitume e fibra di amianto ed intercalate con della tela di juta (i primi tempi) e successivamente con del tessuto di vetro. Uno dei trucchi utilizzati dalla maestranze dell’epoca per aumentare “l’adesività” dell’intonaco di protezione, anche se non prettamente necessaria, era quello di “trattarli”, mentre l’ultima mano di “impastino” era ancora “caldo”, con una “spolverata” di sabbia vagliata messa preventivamente ad asciugare vicino alla caldaia del bitume. L’intonaco di protezione veniva quindi realizzato a base di malta solo di sabbia e cemento. Già all’epoca infatti sapevano molto bene che, per evitare fenomeni di “umidità di risalita” a livello della base delle murature poste a confinamento perimetrale di una copertura piana, sarebbe bastato realizzare un intonaco a base di malta solo di sabbia e cemento. 

Vi è mai capitato di demolire degli intonaci realizzati sessant’anni fa a protezione delle partizioni e/o risvolti verticali di sistemi impermeabili di questo tipo? Se sì, vi sarete sicuramente accorti che durante la loro demolizione viene asportata, se non totalmente, anche una buona parte della partizione del sottostante sistema impermeabile, questo a conferma dell’adesione degli intonaci sui sistemi impermeabili bituminosi.

Qualcuno potrebbe eccepire il fatto che, con l’avvento delle membrane bituminose, le cose sono cambiate. Mi spiace contraddirlo ma il concetto non cambia! Quello che è cambiato è stata solo la metodologia esecutiva. Per quanto riguarda l’azienda gestita da mio padre ricordo che, prima di spargere la sabbia, i risvolti verticali venivano preventivamente sfiammati e/o preriscaldati ottenendo lo stesso risultato. Ovviamente questo tipo di lavorazione aveva un costo di non poco conto. A seguito del subentro del sottoscritto in azienda e con l’avvento del lattice di gomma sintetico per migliorare l’adesione degli impasti cementizi (Planicrete®, SikaLatex®, ecc. ecc.) questo costo è stato successivamente cassato. Dopo alcune prove positive abbiamo infatti abbandonato il vecchio tipo di lavorazione, lasciando il compito di realizzare gli intonaci di protezione  alle maestranze dell’impresa edile nella modalità sotto indicata e che per altro già inserivo nei miei capitolati.

A livello della totalità delle partizioni verticali del nuovo sistema impermeabile (ai tempi dei miei primi capitolati “confinamento impermeabilizzativo”) realizzazione di nuovo intonaco di protezione, tramite realizzazione di preventiva strollatura di aggrappo in sabbia e cemento additivata con lattice di gomma sintetica, tipo “PLANICRETE®” e/o similare e successivo riporto di malta di sola sabbia e cemento tirata a frattazzo fine, compreso interposizione di rete sintetica a maglia larga.

Siete ancora scettici sulla validità di questa soluzione? Allora vi racconto un altro pezzo della mia storia, una “chicca” del mio rapporto professionale con l’Architetto Broccolino. A quell’epoca – aprile 2005 – lui faceva il certificatore di una compagnia di Assicurazioni che avrebbe dovuto rilasciare una polizza rimpiazzo opere. Durante un sopralluogo nel Cantiere di Via Andrea Doria n° 17 a Milano, dove si stava mettendo in atto il ripristino della copertura di un corpo box interrato con la presenza di più che ampie superfici verticali di sistema impermeabile da proteggere, lui mi chiese che tipo di sistema avrei utilizzato per proteggerle. Io ovviamente gli indicai la mia modalità.
La sua immediata risposta fu che tale soluzione non era assolutamente idonea poiché gli intonaci non si “attaccano” ad un sistema impermeabile di tipo bituminoso. La mia contro risposta fu: “Caro Broccolino ripassa fra una settimana a controllare ricordandoti di portare anche una mazzetta ed uno scalpello”.
Dopo una settimana ritornò, ovviamente senza mazzetta e scalpello, ma poté constatare di persona che facendo demolire dalle maestranze presenti in cantiere una parte degli intonaci di protezione realizzati 15 giorni prima, questi  risultavano più che “adesi” al sistema impermeabile sottostante e la loro demolizione risultava più che difficoltosa pur utilizzando anche uno scalpellatore elettrico.

Per quanto riguarda la possibile fessurazione dell’intonaco a livello del limite superiore dei risvolti verticali questa purtroppo si verifica quando l’impermeabilizzatore li realizza sino al limite dello scasso predisposto per il loro successivo alloggiamento. Quale è il “trucco” per evitare che questa fessurazione si verifichi? Basta predisporre nella muratura uno scasso con una quota di 5/10 cm. maggiore rispetto a quella dei successivi risvolti verticali del sistema impermeabile. Così facendo l’intonaco di protezione che si andrà a realizzare “aderirà” perfettamente  ai 5/10 cm. della muratura sottostante vanificando così la formazione delle suddette possibili fessurazioni.

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Altro dettaglio non trascurabile per poter garantire l’adesione dell’intonaco sulle partizione verticali di un sistema impermeabile di tipo bituminoso è ricordarsi che la membrana a finire non deve essere di quelle protette sulla “faccia” a vista da un film di HDPE perchè questo diventerebbe un vero e proprio elemento desolidarizzante con conseguente inevitabile mancata adesione dell’intonaco anche nel caso di una preventiva predisposizione della strollatura d’aggrappo. Nel caso di utilizzo di questo tipo di membrane vi sarà pertanto l’obbligo di sfiammare la suddetta “faccia” a vista per poterlo eliminare. Il sottoscritto, onde evitare questo problema e/o lavorazione aggiuntiva, si fa produrre appositamente le membrane bituminose prive del suddetto film.

Predisposizione di strollatura d’aggrappo e successivo inserimento della rete di armatura

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Predisposizione di strollatura d’aggrappo – Video

Predisposizione della rete sintetica di armatura – Video

Predisposizione dell’intonaco di finitura – Video

Chissà se con i miei racconti e questa documentazione fotografica sono riuscito a sfatare questa “leggenda metropolitana”?
Immagino che possa esserci ancora qualcuno che sollevi l’eccezione che questo tipo di lavorazione comporta dei maggiori costi.
Come sempre io ritengo che in un lavoro non sia poi così rilevante un eventuale irrisorio risparmio se questo è a discapito della sua durata o tenuta nel tempo.
Come sempre vale pertanto il detto “chi più spende meno spende”!

MP/sm

CRIME SCENE INVESTIGATION – ACRONIMO CSI

Considerato che non passa giorno in cui non nasca un nuovo “qualche cosa” che tratti di problematiche infiltrative e di come fare per risolverle a questo punto ho deciso che costituirò anch’io  una “task force” per combattere, contrastare   e annientare ogni tipo di fenomeno infiltrativo. Il nome di questa “task force” sarà “CSI INFILTRAZIONI”. Considerato poi che ci stiamo avviando, verso la primavera/estate quella sottostante farà parte della loro prima divisa, per quella autunno/inverno deciderò in seguito dopo aver considerato gli orientamenti della moda. Ah ah ah ah ah!

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MP

BUON 2020 A TUTTI

Era il 26 Marzo del 2015, quando, poco convinto ma invogliato da un giovane studente universitario che bazzicava per il mio studio per imparare qualche cosa del settore impermeabilizzativo, ho aperto questo blog e o scritto il mio primo articolo.

https://chirurgiaimpermeabilizzativa.wordpress.com/2015/03/26/ce-sempre-una-prima-volta/

Anche se in un primo momento ci credevo poco, l’intenzione era quella di ampliare la condivisione delle mie e delle Vostre esperienze nel campo impermeabilizzativo. I primi anni dopo aver scritto e divulgato  più di un centinaio di articoli i risultati sono stati abbastanza deludenti a tal punto da ipotizzare una chiusura definitiva del blog, ma……….. alcuni di quei pochi professionisti che allora si erano iscritti e leggevano i miei articoli, venuti a conoscenza delle mie intenzioni mi hanno chiesto, tassativamente, di non farlo poiché prima o poi il tempo avrebbe dato ragione al mio impegno certo di non poco conto come dedizione di tempo. Così è stato e di questo non posso che ringraziarli perché non avrei mai immaginato di raggiungere oggi il sottostante risultato (quelli evidenziati in “rosa” sono gli Stati a livello mondiale dove leggono i miei articoli).

Un particolare grazie anche all’Architetto Silvia Massone che per un certo periodo di tempo ha contribuito non poco alla stesura e soprattutto correzione di più che numerosi articoli.

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Un sincero grazie a tutti coloro che hanno soprattutto la pazienza, la volontà e il desiderio di leggermi.

Un più che sincero augurio di Buon Anno e di un sorprendente 2020

Mario Piccinini

“CHICCHE” QUOTIDIANE – 3

Ricordate la famosa frase della missione Apollo 13 “Houston abbiamo un problema”. Bene oggi mi è capitato una cosa simile “Piccinini abbiamo un problema” ovviamente infiltrativo e urgentissimo in corrispondenza della partizione di fondo di alcuni box interrati. Che strano sono 40 giorni che non piove decentemente! Però è urgentissimo. Balzo sullo scooter e corro a vedere non sia mai che qualche box muoia annegato! Eheheheheh

Come raggiungo la partizione di copertura interessata dalle problematiche infiltrative, mi cadono letteralmente le braccia. Ci risiamo è arrivato il solito “impiantista/elettricista” che ha pensato bene che la miglior cosa per installare un cavidotto era quello di tassellarlo sui risvolti verticali del sistema impermeabilizzativo. Uno dei presenti al sopralluogo a seguito dei miei improperi mi ha detto “ma Geometra non vorrà mica dire che sono quei quattro buchi che possono causare le infiltrazioni. il “catrame” e morbido e pertanto sigilla i buchi e poi i buchi sono sul verticale quindi l’acqua scorre via”.

Beata innocenza.

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MP

GUARDARE DA ALTRE PROSPETTIVE

Da quando ho avuto la fortuna di incontrare il geom. Piccinini cerco di seguirlo durante i suoi sopralluoghi per imparare un’arte che sembra ormai dimenticata ed affinare il mio occhio nella ricerca delle problematiche infiltrative che tanto assillano le nostre costruzioni.

Eccomi allora con lui sul tetto di un condominio della mia città ad osservare dall’alto ciò che di solito non vediamo. Il mio occhio scruta e osserva dapprima la copertura per la quale siamo stati chiamati e dove troviamo una serie di stupidaggini realizzative che potrebbero essere usate per il manuale del NON FARE e di cui magari scriveremo prossimamente.

Poi il mio orecchio sente un suono ormai familiare: c’è un cannello in funzione qua vicino!
Cerco l’origine di questo suono e vedo qualcuno in azione. Non ci sono molte parole che possano descrivere ciò che hanno visto i miei occhi ed è per questo che ho chiesto aiuto alla mia inseparabile compagna di avventure: la mia macchina fotografica.

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Lascio a chi mi leggerà il piacere eventualmente di commentare.

L’unica cosa che mi viene da dire è che fino a quando si cercherà di mettere delle “toppe” ai problemi infiltrativi senza entrare nel merito delle cause da cui hanno origine…. e fino a quando ci si affiderà, per l’esecuzione degli interventi di ripristino, a delle maestranze “improvvisate”…. sarà ben poco rilevante che il materiale usato sia di buona o cattiva qualità, perchè il risultato alla fine farà comunque acqua da tutte le parti!

Robin Williams nell’Attimo fuggente diceva: “Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio!”

Chissà come andrebbero a finire le riunioni di condominio se si svolgessero sulle coperture dei condominii? Chissà se vedendo coi propri occhi lo stato delle loro coperture i condomini capirebbero finalmente che certi lavori non si possono affidare ad imprese scelte a caso in funzione del prezzo più appetibile o concorrenziale bensì in base a requisiti di competenza e professionalità. Perchè il vero risparmio non si ottiene con un appalto spuntato ad un prezzo inferiore ma con un lavoro eseguito a regola d’arte!

Silvia Massone

“IL VERDE VERTICALE”

Per la serie “ho visto cose che voi umani non potreste neppure immaginare”

Vengo chiamato per verificare una problematica infiltrativa che si evidenzia in corrispondenza del plafone di un locale con sovrastante terrazzo di copertura praticabile.
Già accedendo ad uno dei balconi, direttamente connessi con il locale in interesse, noto la presenza di un tralcio residuale di una pianta rampicante (che in quel momento suppongo sia oramai dismessa), che si inserisce nel rivestimento di facciata proprio nel punto in cui questo si raccorda con la sovrastante copertina in pietra lapidea, posta a protezione del muretto di confinamento perimetrale del suddetto terrazzo di copertura praticabile.

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Le verifiche igrometriche delle partizioni murarie interessate dalla problematica infiltrativa lamentata confermano che questa è, a tutti gli effetti, effettivamente attiva. Chiedo, a questo punto, di poter accedere al terrazzo di copertura sovrastante e mi trovo di fronte a qualcosa di decisamente inaspettato!
Innanzi tutto noto che la partizione di terrazzo, in corrispondenza dalla problematica infiltrativa sottostante, è già stata interessata da un intervento di ripristino, probabilmente per eliminarla. La scoperta più sconcertante è però che il tralcio della pianta rampicante notata dal balcone sottostante, che ritenevo oramai dismessa, era invece la pianta che con i suoi apparati radicali proliferava all’interno del rivestimento di facciata!
Crescendo aveva disconnesso il giunto di raccordo delle due copertine in pietra lapidea poste a protezione della partizione superiore del muretto di confinamento perimetrale del terrazzo. In questo modo le acque meteoriche avevano avuto la più che ampia possibilità di filtrare, bypassando il confinamento impermeabilizzativo, nelle stratigrafie murarie sottostanti e generare la problematica infiltrativa lamentata.
La cosa più assurda è però che chi ha in uso questo terrazzo, dotato molto probabilmente di “pollice verde”, si è preoccupato di far propagare ordinatamente questa pianta, sia sul parapetto, sia su un sovrastante “graticcio” appositamente predisposto, il tutto nella piena noncuranza dei danni che possono derivare dal suo progressivo proliferare.

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Nell’ambito di questo sopralluogo ho anche riscontrato la proliferazione di un’ulteriore pianta rampicante, questa volta però a livello dei rivolti verticali del confinamento impermeabilizzativo, alla quale è stata riservata la stessa cura della precedente a conferma della smisurata passione botanica del gestore del terrazzo.

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Se chi ha in uso il terrazzo avesse saputo quali sono le conseguenze per un confinamento impermeabilizzativo di tipo bituminoso (come quello attualmente in essere) dovute dalla proliferazione di queste piante, forse già da tempo si sarebbe preoccupato di estirparla (vedi articolo “TERRAZZO E IL LUPO CATTIVO UNA FAVOLA” pubblicato sul mio blog)

https://chirurgiaimpermeabilizzativa.wordpress.com/2016/01/15/il-terrazzo-e-il-lupo-cattivo-una-favola/

MP/sm

RIPARAZIONE DI UN SISTEMA IMPERMEABILIZZATIVO “DA SOTTO”

Scommetto che non vi è mai capitato di trovarvi in una situazione inimmaginabile come quella in cui mi sono imbattuto ben due anni fa e che ora mi appresto a raccontarvi.

Un impresa  provvede al ripristino di un terrazzo praticabile. Appena ultimato il lavoro, in una delle proprietà sottostanti, si evidenzia una problematica infiltrativa in corrispondenza di quella partizione di plafone direttamente sovrastante il lavello del locale cucina.

Dato che la proprietà del terrazzo di copertura sovrastante si opponeva a far manomettere la pavimentazione del suo terrazzo appena ripristinata e che cominciavano a “volare” le raccomandate dei legali che chiedevano l’immediata risoluzione della suddetta problematica infiltrativa, l’Impresa un bel dì mandò due “soggetti” con l’incarico di risolverla ad ogni costo.

I due soggetti, sicuramente dotati di inconsueta genialità, dopo aver ricevuto dalla proprietà del terrazzo sovrastante il diniego di toccarlo, scendono nell’unità abitativa sottostante di proprietà di una Signora di 78 anni, raccontandole che per l’eliminazione della problematica infiltrativa da Lei lamentata si sarebbe potuto anche “operare” da sotto. Avete capito bene, proprio “da sotto”!

Convinta l’ingenua Signora i due “geni” si mettono all’opera e dopo aver protetto (per fortuna) tutta la cucina cominciano, in corrispondenza della zona di evidenziazione del fenomeno infiltrativo, a rompere l’intonaco del plafone, proseguono rompendo le pignatte del solaio e ovviamente, per farsi spazio, tagliano anche i ferri di armatura di un travetto (per fortuna uno solo), demoliscono il sovrastante getto collaborante e il relativo massetto di pendenza sino ad arrivare a mettere in luce la parte inferiore del più recente confinamento impermeabilizzativo di tipo bituminoso, dove, guarda caso, trovano il buco da cui derivano le problematiche infiltrative.
A questo punto tutti voi penserete: “Beh in mezzo a tutto questo disastro, i “geni” avranno solo tentato di “chiudere il buco” sparandogli dentro uno dei tanti nostri cari Santi!”
Eh no … sarebbe troppo facile per i nostri “geni”.
Si arrovellano per un po’ il cervello ed ecco che ad uno dei due si accende una “lampadina” nel cervello! Prende un coltello e taglia un bel quadrato di confinamento impermeabilizzativo in corrispondenza del maledetto buco, poi prende un cannello e uno spezzone di membrana bituminosa e tenta di saldare il suddetto spezzone sulla parte inferiore della partizione di confinamento impermeabilizzativo messo in luce. Peccato però che i geni non abbiano “pensato” che, a causa dell’esiguo spazio in cui devono operare e del continuo percolamento della acque di scolo derivanti dal sottofondo di allettamento della pavimentazione sovrastante, alla fine, non sarebbero riusciti a realizzare la perfetta saldatura del suddetto spezzone.

In conclusione la suddetta problematica infiltrativa a seguito di questo intervento anziché sparire aumenta a dismisura. A questo punto i “geni” abbandonano ogni ulteriore tentativo e si dissolvono nel nulla e da quel momento tornano a “volare” le raccomandate degli avvocati e i vari rimpalli di responsabilità.

I mesi passano e la nostra Signora, stanca della mancata risoluzione del problema e in attesa che qualcuno di decida a risolverla, ma soprattutto stanca di continuare a svuotare ogni momento le acque di filtrazione raccolte nei vari catini, si munisce di scala e si inventa un sistema per raccoglierle e convogliarle direttamente nel lavandino sottostante (teli di polietilene, “Domopak” e tante mollette per stendere il bucato).

Come sempre lascio a Voi ogni eventuale commento perché quello che io posso fare è solo quello di gridare ai quattro venti: “Evvivaaaaaaaaaaaa i geniiiiiiiiiiiiiii” (per fortuna che incontrane come questi è sicuramente una rarità!)

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    MP/sm

COPERTURE A “VERDE”

Squilla il cellulare!

E’ un cliente che mi avvisa di avere un problema infiltrativo a livello del canale di gronda della copertura a volta del suo magazzino. Mi chiede se posso fare un sopralluogo per capire quali possano essere le cause e risolverle.

Vado da lui, accerto l’effettiva sussistenza della problematica infiltrativa lamentata, però non ha la scala per salire sulla copertura interessata. Tramite un balcone del Condominio confinante con lo zoom riesco a fotografare qualche cosa.

Inizio quindi con lui questa discussione:

“Ma ogni quanto verifichi la copertura e pulisci i canali di gronda? Quando lo hai fatto l’ultima volta?” gli chiedo

“Non ricordo…”

“Sicuramente da una vita, visto che sul canale di gronda ha fatto in tempo a crescere un albero i cui apparati radicali hanno sicuramente perforato il confinamento impermeabilizzativo” … e gli faccio vedere la foto.

“Caspita non pensavo! E adesso cosa bisogna fare?”

“Occorrerà estirpare la pianta, pulire il canale di gronda e riparare il manto di copertura”

“Peccato… visto che la pianta stava appena germogliando. Non si potrebbe recuperarla e metterla in qualche vaso?”

… “Ma sei fuori di melone?! Se proprio ci tienti tanto alla pianta, la estirpiamo e riparariamo il manto di copertura in autunno, così la puoi potare e invasare senza alcun problema. In compenso ti tieni, sino ad allora, la tua bella infiltrazione!”

“Beh forse è meglio toglierla e riparare il manto di copertura al più presto”

… e ci ha pure pensato sopra prima di rispondere!

Anche se potrebbe sembrare una delle tante leggende metropolitane… purtroppo non lo è!

MP/sm